mercoledì 18 luglio 2012

Ablazione del Tartaro

Che cos'è l'ablazione del tartaro

Inauguriamo questo spazio dedicato alla salute e al benessere dei propri denti parlando di pulitura delle arcate dentali, tecnicamente detta "ablazione del tartaro" e molto più raramente chiamata anche "detartrasi".

Questo processo avviene o almeno dovrebbe avvenire con cadenza periodica, dal momento che non è possibile, nemmeno con regolare pulizia dentale con spazzolino e filo interdentale, impedire al 100% la formazione di tartaro.

Un normale intervento di ablazione prevede la rimozione dei depositi di tartaro lungo le arcate mascellare e mandibolare mediante un apposito strumento (chiamato "curette") che agisce per raschiamento.

È dunque normale che a fine intervento si possa avere del sanguinamento in bocca, ma ci raccomandiamo anche per questi interventi abbastanza di routine affinché si presti particolare attenzione alla scelta dell'operatore (dentista o igienista dentale che sia), visto che un lavoratore poco qualificato o esperto può arrivare a far danni, raschiando indebitamente lo strato di smalto, danneggiando le gengive e in generale dando uno stress inutile al cavo orale.

Da qualche anno si sono diffusi anche strumenti analoghi a funzionamento elettrico o a ultrasuoni.

Quanto spesso va effettuata l'ablazione del tartaro

Non esiste naturalmente una regola unica, valida per qualsiasi paziente: l'ablazione del tartaro va senz'altro effettuata con regolarità e questa regolarità andrebbe discussa con il proprio odontoiatra e rivista lungo tutta la vita.

Alcuni fattori che rilevano al fine di decidere la corretta frequenza con cui procedere sono:
  • abitudini igieniche personali: se non il primo fattore, sicuramente tra i più importanti, in particolare se non ben applicate, le abitudini quali lavarsi i denti dopo i pasti o sottoporsi a sessioni almeno settimanali (ma l'intervallo varia molto a seconda dell'alimentazione e di altri fattori) di pulizia con il filo interdentale sono fondamentali per combattere o viceversa favorire l'insorgenza del tartaro;
  • posizione, allineamento e conformazione della dentatura e delle gengive: denti molto serrati, intercapedini, precedenti otturazioni cadute, scarso attaccamento delle gengive ai denti o altri fattori possono favorire in maniera più che sensibile l'accumulo di detriti e quindi la formazione del tartaro in bocca; nei casi più gravi può anche essere possibile che l'odontoiatra suggerisca di intervenire chirurgicamente per garantire un migliore stato di salute del cavo orale;
  • condizioni fisiche del paziente: l'età o patologie come il diabete possono ad esempio ridurre in maniera sensibile la salivazione e quindi favorire l'insorgenza e la ri-costituzione del tartaro;
  • fattori genetici vari: analogamente al punto precedente, la composizione della saliva, la secrezione di particolari enzimi o altri elementi possono rendere molto mutevole la predisposizione personale alla formazione di tartaro sui propri denti.
Indicativamente un paziente adulto con buona salute della propria dentatura può sottoporsi a quest'intervento con la frequenza di una volta l'anno, ma particolari condizioni possono spostare questo numero, che è un valore medio, di un range che può benissimo andare tra i 24 e i 6 mesi.

Come comportarsi dopo la pulizia del tartaro

Spesso un paziente non correttamente informato si preoccupa se ha qualche piccolo sanguinamento anche nei giorni successivi (in bocca è normale, essendo un ambiente umido, che le ferite non si rimarginino subito; in caso di dubbio e per sanguinamenti che durino diverso giorni, però, contattare sempre il proprio medico curante)  e soprattutto può lamentare una rilevante maggior sensibilità agli sbalzi termici.

Questo accade per due ordini di cause, tra loro strettamente legate:
  • il tartaro, soprattutto se non rimosso da tempo, può arrivare ad intaccare ed erodere la gengiva e quindi esporre le radici dentali, ovvero delle terminazioni nervose pressoché non schermate e quindi facilmente suscettibili a stimoli esterni, in primis sbalzi di temperatura;
  • inoltre il tartaro forma spesso una sorta di nociva coltre sopra tutto il dente, quindi, anche se arriva ad avvicinarsi sempre più alle radici e ai nervi, funge al contempo da isolante rispetto all'esterno. Una volta rimosso è chiaro dunque perché si percepisca un'immediata accentuazione della sensibilità termica.
La maggiore sensibilità termica delle arcate dentali non è comunque duratura e di norma si estingue in circa due settimane.


Contrariamente a quanto si ritiene comunemente, è opportuno non abbassare la guardia una volta completata una pulizia del tartaro e anzi occorre procedere con maggior zelo alla pulizia dei propri denti, giacché la bocca si trova in una posizione particolarmente vulnerabili e sono del tutto aperte intercapedini tra denti o tra denti e gengive che ben facilmente si saturerebbero di nuovo di detriti, anche più in profondità.

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